Nelle nostre considerazioni, al mondo ci sono due tipi di persone: le persone “di successo” e quelle che “non sono riuscite”. In quale delle due scatole collochiamo noi stessi? É poi davvero da considerarsi reale questo inscatolarci in una categoria? No. Nel lavoro o nella vita, ciò che ci fa o meno avere successo non dipende da una fatalista appartenenza ad un gruppo, ma dal perseguire efficacemente le nostre scelte quotidiane, avere degli obiettivi.
Avere obiettivi, infatti, sprigiona ogni forza creativa, ci dà chiarezza, direzione, significato. Sapere cosa fare e come farlo ci coinvolge attivamente, ci rende responsabili, aumenta la soddisfazione nella nostra vita come nel lavoro.
Nel management internazionale, proprio per sviluppare la motivazione nelle aziende, esiste una tecnica chiamata “MBO:- Management by Objectives”. Essa prevede di fissarsi degli obiettivi e come ogni buona tecnica, ci spiega anche come farlo.
Tutto facile infatti dire: “C’è bisogno di porsi degli obiettivi!” ma quante volte li abbiamo chiari? Poche. Innanzitutto, c’è bisogno di ragionarci. Poi, una volta ragionatoci, arriviamo ad un desiderio.
“Voglio diventare milionario!”, ad esempio.
Ma un desiderio e un obiettivo saranno la stessa cosa?
“Voglio guadagnare € 50.000 per i prossimi 3 anni creando un software che aiuti a migliorare l’imbarco dei bagagli a mano negli aeroporti” (ps: date un’occhiata al nostro Smart Sizer!)
È già più contestualizzato. Un obiettivo è un desiderio che è passato all’azione.
Peter Drucker, l’uomo che si dice abbia creato la scienza del management (e quindi l’MBO), ci dà un aiuto al riguardo già nel 1954 all’interno del suo “The Practice of Management”: i nostri obiettivi devono essere S.M.A.R.T!

Nella sua genialità, Drucker, attraverso un acronimo di facile memorizzazione ci dà un metodo, una ricetta per distinguere i desideri e le aspirazioni da obiettivi reali.
Un obiettivo è S.M.A.R.T perché:
SPECIFIC – Specifico
MEASURABLE – Misurabile
ACHIEVABLE– Realizzabile
RELEVANT Rilevante
TIME-BASED: Temporizzabile
Drucker ne fa quasi una questione di esercizio, ogni volta che vogliamo puntare a qualcosa dovremmo passare in rassegna ogni lettera dell’acronimo e pensare se il nostro obiettivo possiede o meno i requisiti e, nel caso, fornirglieli.
Un obiettivo è specifico quando è ben definito, tangibile. “Io so bene cosa voglio ottenere e per quale motivo. Su questo potrebbero aiutarci le WH questions del giornalismo inglese: Chi, Cosa, Quando, Dove, Quale, Perché?
È misurabile quando è possibile definirlo non solo in qualità ma anche in quantità: “aumentare la produzione del 20%” è un obiettivo misurabile. Come farei ad aggiustare il tiro, a mettere a punto delle migliorie se non potessi misurarne i risultati?
È realizzabile quando non è impossibile da raggiungere. C’è da chiedersi: ho tutti gli strumenti per raggiungerlo? Se non li ho, cosa può servirmi? Quindi puntare magari ad un obiettivo più piccolo. Andare subito su qualcosa che al momento è troppo grande o irrealizzabile per le mie possibilità, mi demotiva. Ma anche restare su obiettivi semplici potrebbe demotivarmi a lungo andare. Realizzabile quindi significa che l’obiettivo sia abbastanza grande da stimolarmi ma che tenga anche conto delle mie possibilità personali o quelle dell’azienda.
È rilevante, cioè utile, che valga la pena perseguire per me perchè coerente con la mission o i miei sogni.
Temporizzabile, con una scadenza, un tempo specifico di realizzazione, magari con varie milestones nel tempo (avete mai sentito parlare del diagramma di GANTT?). Senza una scadenza precisa e nota a tutti, posticipare continuamente sarà inevitabile, così come inevitabile sarà il fallimento.
E poi? Una volta raggiunto l’obiettivo? Cosa si fa? Beh semplice, me ne creo un altro!


Federica Basile
Executive Assistant – Axcent System Engineering Srl


